Novecento
Alessandro Baricco, 1994
The intimate story of an incredible, original, magnificent character, endowed with crystalline talent and the fragilities that are so often linked to this particular kind of gift. Novecento is the best pianist of his time, a genius who improvises notes that no one can follow, a composer of music which leaves his band mates, and above all the guests of the transatlantic cruiser Virginian, astonished. Here, Novecento plays only for a particular kind of audience, in a specific context: sitting on his stool, in front of the 88 keys of the piano, with the ship moving, in the middle of the sea, when the lights of the mainland are no longer visible, rocked by the waves.
Novecento was probably born on the Viriginian, he grew up in that transatlantic cruiser, he learned to walk in every maritime weather, we don’t know how he learned to play, and he certainly never got off the ship. He never took a single step on land. Never.
The story of the twentieth century is entrusted to the trumpeter of the Virginian’s band, amazed and fascinated by such a unique character, who, besides being the most gifted pianist on the planet, suffers from “land sickness” and insists on not getting off the cruiser. For Novecento the mainland feels like the moon. Fear always gets the better of his desire to know what life is like away from the ocean.
Novecento, after all, is not even driven by a great curiosity towards the outside world: he gets all the experience he needs through the stories of the passengers he meets on the ship, he can dream about metropolises by assimilating the details of the tales he collects from his guests on their way to America. Novecento does not need to see the world, as the whole world keeps flowing past him, on the Virginian.
Novecento loses the only life he knows when the transatlantic ship, too old and damaged to keep going, must be demolished: he is terrified of being orphaned for the third time in his life. The risk of getting lost in the vastness of the mainland and being unable to find his way among thousands of other people is too high; there are too many roads to take, too many people to love, too many cities to live in. Frightened by the chaos represented by these countless possibilities; he loses when he decides he will not endure the hazard of choosing one option over hundreds of others. In his Virginian, the spaces are narrow, collected, there are but a few hundred people, the routine is predictable, and he can’t go wrong. Having been born and raised on that ship, he could never make mistakes there.
Novecento decides that he has already come to terms with his life, that he has already played for his lover, that he has already performed his best solo. And he is aware that he has done all of this while dancing on the ocean with the Virginian. That’s enough. The land can give him nothing more than that. Novecento will never leave the Virginian: the awareness of his inability to face the many opportunities on the mainland forces him to accept that his journey has come to an end. But this awareness, the painless acceptance of his particular state, perhaps, is not a defeat after all, but the perfect epilogue to his incredible story.
Giuseppe Ligabue
Novecento
Alessandro Baricco, 1994
La storia intima di un personaggio incredibile, originale e magnifico, dotato di talento cristallino e delle fragilità che così spesso sono legate a questo tipo di doni. Novecento è il miglior pianista della sua epoca, un genio che improvvisa note che nessuno è in grado di seguire, un creatore di spartiti che lasciano di stucco i compagni della sua band e soprattutto gli ospiti del transatlantico Virginian. Ecco, Novecento suona solamente per un particolare tipo di pubblico, in un unico contesto ben preciso: seduto sul suo sgabello, di fronte agli 88 tasti del pianoforte, con la nave in movimento, in mezzo al mare, quando le luci della terraferma sono ormai invisibili, cullato dalle onde.
Novecento è probabilmente nato sul Viriginian, in quel transatlantico ci è cresciuto, ha imparato a camminare in qualsiasi situazione di mare, non si sa come ha imparato a suonare, e certamente da quella nave non è mai sceso. Mai un solo passo sulla terraferma. Mai.
La storia di Novecento viene affidata al trombettista della band del Virginian, ammirato e affascinato da un personaggio così unico, che oltre a essere il pianista più dotato del pianeta, soffre di “mal di terra” e si ostina a non scendere dal transatlantico. Per Novecento la terraferma sembra la luna. La paura ha sempre la meglio sul desiderio di conoscere cos’è la vita distante dall’oceano.
Novecento, in fondo, non è nemmeno spinto da una grande curiosità verso il mondo: riesce a viaggiare attraverso i racconti dei passeggeri che incontra sul transatlantico, è in grado di sognare le metropoli assimilando i particolari delle storie che raccoglie dagli ospiti in viaggio verso l’America. Novecento non ha bisogno di vedere il mondo, dato che il mondo intero gli passa davanti continuamente, ospite del Virginian.
Novecento perde la partita con la vita nel momento in cui il transatlantico, ormai vecchio e danneggiato, deve essere demolito: troppa la paura di rimanere orfano per la terza volta in una vita sola. Troppo alto il rischio di perdersi nell’immensità della terraferma, incapace di orientarsi fra migliaia di migliaia di altre persone; troppe le strade da prendere, le persone da amare, le città in cui vivere. Spaventato dal caos rappresentato dalle innumerevoli possibilità; perde nel momento in cui decide di non essere in grado di sopportare il rischio di prendere una decisione invece di centinaia di altre. Nel suo Virginian gli spazi erano stretti, raccolti, le persone erano qualche centinaio, la routine era la solita, e non si poteva sbagliare. Almeno, non poteva sbagliare uno che su quella nave era nato e vissuto.
Novecento decide di aver già fatto i conti con la sua vita, di aver già suonato per la sua innamorata, di aver già eseguito il suo migliore assolo. Ed è consapevole di aver fatto tutto ciò ballando sull’oceano con il Virginian. Basta così. La terra non può dargli più niente. Novecento non lascerà mai il Virginian: la consapevolezza della sua incapacità di fronteggiare le diverse opportunità sulla terraferma lo costringono a dichiarare il suo viaggio completato. Ma questa conspavolezza, l’accettazzione indolore del suo particolare stato, forse, non è affatto una sconfitta, ma il giusto epilogo della sua incredibile storia.
Giuseppe Ligabue